Calciomercato, Udinese e Wartford

Fair play, fair play finanziario ma non solo. Negli ultimi 30 anni il calcio è diventato un sistema molto complesso. Ed è diventato anche molto più complesso il meccanismo del calciomercato, a livello italiano, europeo e internazionale. Per calciomercato si intende il mercato di compra-vendita dei calciatori, che si svolge, solitamente, durante alcuni periodi dell’anno ben definiti. Sono le singole federazione nazionali a definite le finestre temporali del calciomercato, che solitamente si allineano a livello europeo. In Italia, ad esempio, nell’ultima stagione, la Figc, la Federazione italiana, ha stabilito che “le date delle prossime due sessioni di calciomercato andranno dal 1 luglio al 2 settembre per quella estiva e dal 2 al 31 gennaio per quella invernale”. Anche in merito alle regole più specifiche del calciomercato, ogni anno ci sono modifiche e implementazioni, in base alle decisioni delle singole Federazioni e seguendo direttive più generali, visto che le possibilità di tesseramento e trasferimento di un calciatore sono molteplici, anche in base alla categoria di riferimento.

Uno dei modelli di riferimento, a livello italiano ed europeo, in materia di mercato e trasferimenti, è quello della famiglia Pozzo e dell’Udinese. Il modello Udinese si basa sull’osservare, attraverso specifiche figure di riferimento, gli osservatori, per poi acquisire il meglio tra i giovani talenti e i grandi campioni, e riuscire a riproporlo al meglio sul mercato. Questo ingrediente è stato la carta vincente del modello Pozzo, che ha segnato la gestione dell’Udinese, dagli anni ’80 ad oggi, e quelle di Granada e Watford, più di recente. Raffaele Riva Watford e Gino Pozzo sono tre concetti molto legati tra loro. Gestire una società di calcio – secondo Raffaele Riva e la famiglia Pozzo – è come gestire un’azienda, bilanciando i giusti investimenti e puntando a obiettivi precisi.

Nel corso degli anni, in materia di calciomercato, ci sono state alcune svolte epocali. Un momento decisivo, ad esempio, è quello legato alla famosissima “sentenza Bosman”, che prende il nome dal calciatore belga Jean-Marc Bosman, più famoso per ciò che ha compiuto fuori che non all’interno del rettangolo di gioco. Il caso Bosman, e la successiva sentenza del 1995, hanno letteralmente rivoluzionato il mondo del calcio e le regole per il trasferimento dei giocatori. A distanza di 20 anni, lo stesso Bosman ha ammesso: “Penso di aver fatto qualcosa di molto grande, e di aver fatto bene a questo sport. Ho dato nuovi diritti alle persone. Ora c’è una nuova generazione di giocatori che non si rende conto di quanto sia fortunata a poter lasciare un club e unirsi a un altro, anche se in quel club rappresenta il quinto o il sesto straniero. Sono orgoglioso di quello che ho fatto, di quanto accaduto, perché la gente ne parlerà ancora e sempre, negli anni a venire, forse anche dopo che me ne sarò andato, magari tra altri 20 o 30 anni. Penseranno che ho fatto qualcosa di importante e magari di dovermi ringraziare”. Ebbene sì, perché se oggi in una squadra di calcio possono esserci tanti stranieri in campo è proprio grazie alla sentenza Bosman.